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Il Collezionista di Orologi

 

Gerald, come ogni mattina alle otto in punto, passeggiava lungo la Long River Road per dirigersi al suo ufficio. Lavorava per una rivista scadente, la quale pubblicava inutili notizie sulla vita amorosa di quello e quell’altro. Tizio bacia Tizia, l’inizio di una nuova love story? Questo era il genere di articoli che doveva scrivere. Non gli era mai piaciuto, anzi segretamente lo schifava del tutto, tuttavia lo considerava un trampolino di lancio e gli permetteva comunque di comprarsi un orologio ogni due o tre mesi. 

Orologi.

Se qualcuno di voi avesse chiesto a Gerald di descrivere la passione in una parola, di certo avrebbe detto orologi. Per lui erano qualcosa di magico. All’interno di quegli oggetti lui ci vedeva il presente, il passato e il futuro. Li fissava per intere ore con uno sguardo colmo di ammirazione. Osserva la lancetta dei secondi muoversi e la ammirava. Lei scorreva, lungo il cerchio della sua vita, in maniera costante. Non le importa se fuori c’è il sole o la neve, non le importa se qualcuno la guarda o la evita. Non le importa nemmeno se qualcuno le si avvicina brandendo un martello che segnerà la sua fine. Lei scorre e scorre. E lui avrebbe tanto voluto essere come quella lancetta. 

Invece era completamente l’opposto.

Lui dipendeva in tutto e per tutto dal mondo. Non c’era cosa al mondo che non lo turbasse seppur minimamente. Una brezza di vento che gli scompigliava i lunghi capelli biondi, una bambina che lo guardava e si voltava dall’altre parte o gli sorrideva, il messaggio di una persona a lui cara. 

Ogni cosa, ogni singola cosa appartenente a questo mondo influenzava le sue condizioni emotive. Non era mai andato da un dottore perché sentirsi dare dello psicolabile non l’avrebbe di certo aiutato. Così si sfogava comprando orologi e passando ore e ore ad osservarli. Ne aveva circa una cinquantina. Erano tutti disposti ordinatamente in una stanza tutta loro. La stanza più grossa del suo appartamento. Al centro di essa c’era una comoda sedia girevole e tutt’intorno orologi. 

Nient’altro che orologi.

Quella mattina era particolarmente felice. In città aveva aperto un nuovo negozio d’antiquariato, una decina di giorni di prima, e lui finalmente avrebbe potuto andare a darci un occhiata nel tardo pomeriggio, dopo aver intascato il suo assegno.

La mattinata passò in fretta, complice l’immensa voglia di giungere a fine giornata di Gerald. Le parole per gli articoli gli uscirono rapide e istintive, come se fossero state su quelle pagine fin dal principio e lui, invece di trovarle tra i pensieri della sua mente, avesse dovuto semplicemente ricalcarle per renderle visibili.

Quando la giornata giunse al termine, non aspettò nemmeno un secondo, prima di recarsi al nuovo negozio. L’emozione di visitarlo era così grande che non si accorse nemmeno del gelido soffio di vento che gli scompigliò i capelli e li risistemò con un gesto della mano senza nemmeno accorgersene. Nella sua mente c’era spazio solo per immagini fantasiose di svariati tipi di orologi. Orologi da tasca, da muro, a pendolo, a cucù. Proiettava un immagine dietro l’altra con una quantità infinita di dettagli e prima che se ne rendesse conto si trovò davanti alla porta d’ingresso del negozio. 

Gerald ruotò la maniglia ed entrò accompagnato dal tintinnio di una campanella di bronzo. L’interno del negozio era elegante e raffinato. La pareti color crema ospitavano vari tipi di orologi a pendolo, mentre protetti da vetrinette c’erano altri oggetti d’antiquariato. Più lontano dagli altri, nell’angolo in basso a sinistra dell’enorme stanza qualcosa catturò l’attenzione di Gerald. Un antico orologio a pendolo, probabilmente fabbricato nei primi dell’800, veniva illuminato dalla luce del sole risplendendo come un diamante. 

Gerald si avvicinò per osservarlo più da vicino. Era una meraviglia, tuttavia il prezzo non gli era accessibile. Passo in rassegna tutti gli altri orologi. Alcuni lo catturarono particolarmente, ma ognuno di essi era troppo costoso. Tuttavia lui non voleva uscire dal negozio a mani vuote, così continuò nella sua esplorazione. Osservava nei minimi dettagli ogni orologio presente nel negozio. I pendoli, i quadranti, i meccanismi, tutta roba di pregiata fattura. Quando la ricerca fu quasi al termine venne raggiunto dal proprietario del negozio.

Era un vecchio signore sulla cinquantina dal fisico alto e rotondo. Il volto aveva sicuramente visto tempi migliori, ma comunque non dimostrava gli anni che si portava scavati addosso. Gli occhi erano di un azzurro chiarissimo, che tendeva al grigio e i capelli brizzolati erano pettinati all’indietro. Indossava un abito molto elegante color antracite.

Salve, mi scusi se l’ho fatta attendere, posso aiutarla?

Gerald osservò l’uomo. Nonostante fossero perfetti sconosciuti, la calma e la gentilezza che c’erano nel tono di voce di quel signore, lo fecero sentire subito a suo agio.

In effetti si. Non vorrei sembrarle scortese, ma mi chiedevo se per caso avesse qualcosa di particolare ad un prezzo più accessibile.

Il signore lo guardò sorridendo. Gerald rimase colpito dalla sincerità di quel gesto. Era il sorriso gentile di chi capisce la situazione della persona che ha di fronte e non il classico sorriso arrogante che spesso abbonda sulle bocche di chi ha molto denaro. 

Ho altri pezzi sul retro, a prezzi più accessibili, prego mi segua pure.

Il signore aprì la porta situata dietro al bancone e scomparì sul retro accompagnato da Gerald. Entrarono in una piccola stanza, colma di orologi. Gerald diede un occhiata e accanto a uno scatolone trovò l’orologio che lo fece innamorare. 
Era un prestigioso orologio da tavolo francese in bronzo con base e colonne in legno ebanizzato, realizzato in Stile Napoleone III nella seconda metà del XIX secolo. 
Presentava quattro raffinate colonne elicoidali con basi e capitelli in bronzo, arricchite da un elegante decorazione a filo in ottone che attraversava la spirale. 
Alla base e sulla parte superiore dell'orologio vi erano una serie di decorazioni di pregiata fattura: originali fregi dipinti a mano, intarsi in madreperla ed in ottone. 
Il pendolo era in bronzo e presentava ulteriori decorazioni ed intarsi artistici. 

Il quadrante, in porcellana francese del XIX secolo, presentava numeri romani ed era incorniciato da una magnifica cornice in bronzo finemente lavorata. 

Lo voglio, disse Gerald non appena i suoi occhi si posarono sull’orologio. In quel momento non gli importava più nulla dei soldi, l’avrebbe preso a qualsiasi costo. Percepiva un energia strana, incomprensibile, emanata ad quell’oggetto e la sentiva fondersi alle sue emozioni creando qualcosa di indescrivibile. Il proprietario del negozio chiese a Gerald di prenderlo e portarlo nell’altra stanza. Tornarono di là e dopo aver chiuso la porta l’uomo si rivolse a Gerald. Nella sua voce non c’era più alcuna traccia di gentilezza o comprensione, il suo tono era diventavo freddo e impassibile.

Signore, è mio dovere informarla che quell’orologio è maledetto. Non le dirò che non è in vendita o cosa simili, perché io stesso voglio liberarmene. Glielo regalo, a patto che lei mi ascolti bene. Ovunque si trovi quell’orologio si ricordi che non ci deve mai essere silenzio o il rumore del pendolo sarà l’ultima cosa che sentirà.

Gerald ascoltò in silenzio. Se non fosse stato per la serietà nella voce dell’uomo, non avrebbe creduto nemmeno ad una parola di tutto il discorso, invece le prese come oro colato. Afferrò l’orologio e tornò a casa. Era così attratto da quel pezzo d’antiquariato che non si accorse nemmeno di non avergli staccato gli occhi di dosso neanche per un secondo. Arrivò a casa e si recò subito in camera sua. 

Decise che quell’orologio sarebbe stato nella sua camera. Era troppo innamorato di lui per metterlo insieme agli altri, doveva tenerlo con sé per poterlo guardare ogni volta che voleva. 

Lo sistemò di fronte al letto, accanto allo stereo acceso su una stazione radio che trasmetteva musica rock. La notte era vicina e presto si sarebbe addormentato, tuttavia doveva impedire che ci fosse silenzio. Prese un cd dalla sua collezione e lo inserì nel lettore, armeggiando alla cieca senza mai distogliere lo sguardo da quel malefico orologio che aveva ipnotizzato i suoi occhi. Poi si coricò e fissò lo splendido cimelio fino ad addormentarsi.

L’emozione e l’amore per quell’orologio furono tali che nel contemplarlo Gerald si dimenticò di impostare lo stereo affinché riproducesse il cd all’infinito, e quando l’ultima canzone giunse al termine il silenzio regnò sovrano nella stanza.

Gerald aprì gli occhi appena appena in tempo per sentire il lieve rumore emesso da quel raffinato pendolo d’ottone, un rumore così lieve da sembrare un sussurro in una notte tempestosa.

Fu l’ultima cosa che sentì, prima di richiudere gli occhi per non aprirli mai più.

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