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Il Canto

 

Mi chiamo Paul Callagan e alcuni mesi fa, per motivi lavorativi, fui costretto a trasferirmi nella città di Lichfield.

 Non fu una decisione facile, non lo è mai dopo vent'anni passati a vivere nello stesso posto. Non faticai molto a trovare una sistemazione, presi i bagagli e dissi arrivederci alla mia vecchia casa. Brillava illuminata dalla luce dei lampioni in quella notte malinconica. Montai in macchina e mi avviai verso nuovi orizzonti. La guardai diventare sempre più piccola, fino a svanire nello specchietto retrovisore della mia Jaguar. Accelerai per non piangere. Quanti bei momenti avevo passato in quella casa. Promisi che un giorno sarei tornato. Imboccai l’autostrada.

Il viaggio durò circa diciotto ore. Giunsi davanti alla mia nuova abitazione nel tardo pomeriggio, complice il fuso orario. Parcheggiai nel vialetto davanti a casa, presi le valigie ed entrai. Non mi importò molto del fatto che non erano arrivate le sette di sera, mangiai un panino e filai dritto a letto. 

Mai avrei immaginato che quella prima notte nella mia nuova casa sarebbe ben presto diventata un’esperienza indimenticabile.

Ricordo di aver aperto gli occhi svegliato da un coro. Non posso descrivere tanta magnificenza con le parole, non esistono vocaboli adatti a quelle incantevoli voci. Un duetto unico e perfetto. Viaggiava nell’aria leggero e maestoso. Angeli, invidiate quelle incantevoli note perchè nemmeno nel migliore dei vostri cori potrete minimamente avvicinarvi ad esse. Non c’erano parole in quella melodia, solo giochi di voci. Tuttavia non posso escludere che fosse un qualche tipo di richiamo. Un ipnotica sinfonia progettata per ammaliare l’essere umano. Giacevo nel mio letto, con lo sguardo fisso sul soffitto. La stanza era buia, solo un angolo era illuminato d’argento dalla luna. Quella melodia mi cullava come le braccia di una madre amorevole. Le due voci si alternavano e sembravano allo stesso tempo infantili e antiche. Riuscivo a percepirne la dolcezza nell’aria e la saggezza nella mente. Ad ogni respiro entravano dentro di me come calorose carezze. Non conoscevo la fonte di tanta meraviglia, ma dovevo assolutamente scoprirlo. Senza rendermene conto si era insinuata dentro la mia anima, smuovendo corde di cui non conoscevo l’esistenza. Fluiva dentro di me e si diffondeva attraverso la mia pelle nell’atmosfera della stanza. Intaccando le mie emozioni era diventata una ragione di vita. Avrei fatto qualsiasi cosa per trovare la fonte di quella indescrivibile sinfonia.

Scesi dal letto, indossai i primi vestiti che trovai e corsi fuori di casa. La notte era meravigliosa. Avvolgeva il mondo con il suo velo nero imperlato di stelle. L’aria era fresca e la luna mostrava il suo pallido sorriso. Le voci non cessavano di cantare. La melodia sembrava provenire da tutte la parti e da nessuna. 

Cominciai a correre in quell’atmosfera magica, incurante di tutto, come quando si insegue un sogno. Respiravo a pieni polmoni quella brezza che aveva l’aroma di rose. La strada era deserta e le linee bianche sull’asfalto brillavano illuminate dalla luna. Le luci delle case erano tutte spente. Corsi per qualche minuto, girando a vuoto e cercando di guardare da tutte le parti contemporaneamente. Mi sentivo spaesato, ma allo stesso tempo emozionato. Due sagome evanescenti apparvero all’improvviso all’orizzonte e poi corsero oltre la mia vista. La voce veniva da loro. Non avevo prove ma sentivo che era così. Cominciai a correre in quella direzione. Avrei voluto gridargli di fermarsi, di aspettarmi, ma non lo feci. Avrei potuto spaventarle e io non volevo assolutamente che succedesse ciò. Giunto alla fine della strada mi trovai di fronte ad un bivio. Mi guardai intorno ed eccole di nuovo apparire e correre via. Ripresi l’inseguimento lungo la via di sinistra. La voglia di raggiungerle era talmente forte che non sentivo nemmeno la stanchezza. Nonostante fossero apparse per ben due volte non ero riuscito a dare loro una fisionomia precisa. Il vicolo proseguì per almeno un chilometro prima di svoltare a destra. Non mi fermai nemmeno per un istante. Il coro sublime persisteva inflessibile. Non una imperfezione, nulla. Una gabbia dorata per la mia anima. Svoltai nell’unica direzione possibile e continuai la mia corsa. Le sagome apparvero di nuovo a molti metri da me e le vidi entrare in un edificio. Lo raggiunsi. Era un vecchio magazzino su due piani, disabitato da anni. La struttura era decadente, pezzi di tetto erano crollati al suolo. Entrai. Vidi le sagome apparire e dirigersi verso il secondo piano. Le seguii. Quando le raggiunsi indicarono una parete che separava due stanze, ci si lanciarono contro e si dissolsero. Il coro cessò. Nell’aria risuonò un'unica parola.Aiutaci. Ammetto che subito non capii. Solo qualche minuto dopo ci arrivai. Cominciai a rovistare per tutto il magazzino alla ricerca di una mazza o qualcosa, ma non ebbi fortuna. Tuttavia non volevo abbandonarle, non potevo più fare a meno di quel coro. Ne ero innamorato. Tornai a casa, recuperai una mazza e tornai nel magazzino. Iniziai a colpire la parete. I primi colpi non fecero molto effetto, ma i successivi ebbero miglior fortuna. Circa mezz’ora dopo la parete era distrutta. All’interno c’erano due scheletri. A giudicare dalla grandezza delle ossa dovevano essere poco più che bambini. Lo shock non fu una cosa da poco. Nella mia mente balenarono macabre ipotesi dell’accaduto. Chi poteva aver murato vivi due bambini e perché l’aveva fatto? Abbandonai in fretta quei pensieri, d'altronde per molti di questi casi non c’è una spiegazione. Succedono e basta. E’ una verità dura e schifosa, ma inequivocabile. Non potevo lasciarle lì e non potevo chiamare la polizia. Come avrei spiegato quanto accaduto? Aiutaci, avevano detto prima di sparire. E io l’avrei fatto. Cercai un sacco e stavolta la dea bendata mi sorrise. Raccolsi le ossa. Una sensazione strana mi invase il corpo al contatto e per un momento provai l’impulso di gettarle e scappare. Riuscii a domarlo e ad infilare i resti nel sacchetto. Tornai di casa di fretta, presi una zappa e salii in macchina. Mi diressi fuori città e seppellii il tutto in un campo. Raccolsi un fiore per uno, lo posai sulla terra smossa e dopo aver detto una preghiera per loro tornai a casa. Stavo per chiudere gli occhi quando eccole riapparire nella mia stanza. Rimasi in silenzio guardandole. Erano due bambine bellissime. Mi guardarono con il loro occhi azzurri, dolcissimi nonostante la loro spettralità. Dovevano essere gemelle. I loro evanescenti capelli biondi ricadevano sulle spalle in magnifici boccoli. Non mi raccontarono cosa gli fosse successo. Dissero solo queste parole, che ricordo ancora alla perfezione.

Per anni abbiamo cercato qualcuno che udisse le nostre voci. Tu ci hai salvato e di questo te ne siamo grate. Se ce lo permetterai allieteremo ogni tua notte con il nostro canto.

Una profonda tristezza e un immenso amore scorsero fuori dal mio corpo attraverso un fiume di calde lacrime. Cercai di abbracciarle, ma le mie braccia attraversarono i loro corpi gassosi. Sentii un brivido freddo scorrere dentro di me. Rimasi vicino a loro per un istante. Mi dispiace. Per qualsiasi cosa vi sia successa, mi dispiace. Passai una mano sui loro incorporei capelli. 

Ne sarei felice, davvero. Cantate quanto volete e io porterò nel mio cuore le vostre voci in eterno. 

Sorrisero e scomparvero. Riuscii a vedere una felicità sincera nei loro sorrisi. Avevano un sorriso unico e raggiante, come se due stelle fossero nate nel buio della mia stanza, lucenti come tutte le stelle della galassia fuse assieme. Le guardai affascinato da tanta innocenza e purezza. Rose bianche venute dal cielo per donare speranza agli uomini e tradite dal marcio che vive in ognuno di essi. Credo che avessero finalmente trovato quell’amore che in vita avevano tanto desiderato e che fino all’ultimo gli era stato negato. Chiusi gli occhi e il canto iniziò. Riempì la stanza con la sua armonia. Una tempesta di emozioni si impadronì della mia mente cullandomi come le ali di un angelo. La tristezza e le cicatrici che per anni avevano deturpato il mio cuore svanirono, cancellate per sempre dai miei ricordi. Una nuova esistenza fluiva dentro di me, mistica e magica, come se il mio sangue si fosse tramutato in ambrosia. L’aria della camera prese l’odore delle rose appena sbocciate. Nuove lacrime solcarono il mio viso, stavolta cariche di una gioia che nemmeno nei miei sogni migliori ero riuscito a immaginare. Trassi un respiro profondo e mi lasciai cullare dal Canto.

Quanto erano innocenti e splendidi quei sorrisi…

Quanto sono sublimi e dolci quelle voci…

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